Tecniche di smalto artistico e industriale
Tratto dal sito web dell’associazione CKI: www.cki.altervista.org

CLOISONNÉ

È la prima tecnica di smaltatura a noi nota. Il nome, d’origine francese, significa letteralmente “tramezzato”, anche a “comparti”. Nel Medioevo, lo scrittore germanico Teofilo il Presbitero lo definiva “a corriole”.

La tecnica, infatti, consiste nell’applicazione di corriole o tramezzi, cioè fili o lamelle metalliche fissate al metallo, che servono come disegno e come separatori per formare cellette o tramezzi in cui deporre lo smalto da cuocere.

Lo smalto nasce cloisonné e i reperti più antichi risalgono alla cultura micenea a Cipro, del 1500 a.C., dove l’orafo e il vetraio scoprirono come fondere sull’oro un cristallo colorato, una pasta vitrea, tipo pietra dura, creando un legame stabile tra i due elementi. Non avendo ancora una piena comprensione delle diverse dilatazioni di smalto e metallo, gli orafi delineavano i contorni del disegno con fili metallici fissati o saldati alla superficie e applicavano i diversi colori a smalto nelle cellette così ottenute.

Il cloisonné ha avuto la sua massima fortuna nell’Impero Romano d’Oriente dall’843 (fine della crisi iconoclasta) fino alla caduta di Costantinopoli nel 1204.

Giappone, 1800
Russia, Fabergé fine 1800
Cina, metà 1900

Le prime importanti scoperte archeologiche cloisonné possono essere attribuite all’Impero assiro e sono costituite da braccialetti policromi trovati nelle tombe di Nimrud.

A questo riguardo, è importante sottolineare che l’Assiria, verso il 650 a.C., controllava i territori in cui era già esistita la smaltatura (Cipro, Egitto): entrambi questi indizi rendono molto realistica l’ipotesi dell’uso di smalto porcellanato da parte degli assiri.

Da quel momento in poi la tecnica di smaltatura cloisonné si diffuse in tutto il mondo antico, seguendo principalmente due strade: la prima verso est, lungo la Via della seta, la seconda verso il Mar Mediterraneo occidentale.

Diverse varianti del cloisonné caratterizzano anche la produzione di grandi maestri artigiani e artisti di Cina e Giappone che in epoche più recenti, realizzarono opere artistiche impareggiabili per complessità e qualità. Altra cosa sono gli oggetti economici destinati al turismo.

Le opere preziose di Fabergé tra fine Ottocento e inizio Novecento sono ineguagliabili, cui fanno seguito le opere di Lalique e Masriera.

Il tedesco Egino Weinert (1920-2012), si distingue nelle opere religiose. Attualmente i migliori cloisonné al mondo sono dei maestri georgiani o giapponesi.

CHAMPLEVÉ

Lo champlevé (“campo scavato”) o “smalto in incavo” consiste nell’applicazione dello smalto su una superficie ad incavi. Esistono diverse importanti varianti di questa tecnica di smaltatura:

  • Champlevé su fusione, in bronzo o altre leghe o Praticata già dai Celti, consiste nella realizzazione di un oggetto in bronzo in cui gli incavi sono già presenti nello stampo. Le prime testimonianze di questa tecnica si possono trovare negli scritti dello storico greco Filostrato di Lemno (III secolo d.C.).
  • Champlevé per incisione su Lastra di Rame e talvolta su altri

Nel corso del Medio Evo, le grandi scuole di smaltatura in Francia, Belgio, Germania e Spagna sviluppano due nuove tecniche di smaltatura champlevé:

  • Incisione meccanica con bulino e
  • Incisione per corrosione acida o

Entrambe le tecniche consentirono di ottenere opere molto più precise e raffinate, con un maggiore potenziale espressivo. Gli smalti champlevé divennero molto comuni per la realizzazione di opere a scopo religioso, come le Casse-Reliquiari, i calici e le pissidi. Limoges può dirsi a pieno titolo la più importante delle tre scuole menzionate e la capitale dello smalto artistico medievale e rinascimentale.

Fibbia romana, I secolo d.C., in bronzo con lo smalto negli incavi.
Limoges 1100 – 1200. Notare lo scavo a mano sotto lo smalto.
Maretto 1900 (morsura).

CHAMPLEVÉ TAGLIO MOLLE E SGRAFFITO

Lo champlevé taglio molle è una tecnica sviluppata in Italia all’inizio del Novecento. Mentre nello champlevé si scavano le campiture da riempire con lo smalto, nel taglio molle si scavano i contorni delle figure, principalmente al cesello, e si smaltano le parti rimaste in rilievo. Usata per primo in Italia a Milano da Giuseppe Guidi, e poi dagli altri più giovani di lui, Luigi Martinotti, Giuseppe Maretto ed Ettore Paganini, che hanno costituito di fatto la scuola Milanese. Suor Teresa Valsecchi contribuirà alla sua diffusione fin oltre l’anno 2000.

Madonna di Martinotti.
Crocifissione, Giuseppe Guidi, 1924-1931
San Cristoforo, Giuseppe Maretto.

CHAMPLEVÉ BASSE-TAILLE

La tecnica “basse-taille” (o smalto traslucido su bassorilievo) è apparsa per la prima volta alla fine del XIII secolo.

Il calice realizzato dall’orafo senese Guccio di Mannaia per Papa Niccolò IV (1288-1292) ne è il primo esempio conosciuto e precede di circa trent’anni la sua diffusione in Francia.

Si tratta a tutti gli effetti di un’evoluzione del Champlevé ma, a differenza di quest’ultimo, si usa soprattutto per la decorazione su base d’oro o argento, cesellata e incisa.

Consiste nella realizzazione di un bassorilievo cesellato e/o bulinato, su cui si stendono gli smalti traslucidi (trasparenti e leggermente colorati), che si applicano e cuociono in più fasi per dare all’opera sfumature, profondità ed effetti chiaroscurali, aumentando così la luminosità del metallo prezioso.

Il “bassorilievo traslucido” è una smaltatura a tutto campo e rappresenta il primo passo evolutivo verso l'”émail peint”.

L’opera più famosa creata con questa tecnica è senza dubbio il Reliquiario del Corporale di Bolsena, realizzato dall’orefice e scultore italiano Ugolino di Vieri e custodito nel Duomo di Orvieto.

Reliquiario di Bolsena, Ugolino di Vieri, XIV secolo
Francesc Vilasís, 1950, Barcellona.
Particolare di un Calice del XIV secolo, Museo Bargello, Firenze

ÉMAIL PEINT (Smalto a tutto campo)

In italiano “smalto dipinto”: tecnica in cui gli smalti vengono utilizzati come se fossero normali colori ad olio per dipingere su una tela, ma stesi su una superficie di metallo e poi passati in forno a 800° circa. La versione moderna, sovente astratta e senza l’uso del pennello, viene definita “Smalto a tutto campo”.

Inizialmente, si ricopre il retro della placca metallica con controsmalto e si mette in forno per una prima cottura (non tutti i maestri lo hanno fatto), mentre il fronte è pronto a ricevere il fondente prima e la decorazione poi.

Quest’ultima si ottiene con la sovrapposizione di più mani di smalto colorato, stesi a pennello come se fossero pittura. Ogni strato si fissa mediante cottura in forno con temperature a volte diverse.

La tecnica dello “smalto dipinto” apparve quasi contemporaneamente in Francia e in Italia.

Jean Fouquet esegue il suo celebre autoritratto (oggi al Louvre) al ritorno di un viaggio in Italia, dopo aver studiato presso l’italiano Filarete.

I migliori artisti combinano questa tecnica con lamine d’oro o d’argento (paillons), per dare più luce soprattutto alle parti che rappresentano gli abiti dei personaggi raffigurati.

Camille Fauré / Núria Nialet
Limoges 1500 L. L.

GRISAILLE

La “grisaglia” (Grisaille, detta anche Cameo) è una tecnica simile dallo smalto dipinto ed è impiegata per ottenere un effetto chiaroscuro con rare colorazioni.

Il suo nome deriva dal francese “gris” (grigio).

Si tratta di applicare uno smalto monocolore bianco su fondo scuro nero, cotto precedentemente. Il bianco si applica a strati diversi in modo di far trasparire o coprire il fondo scuro. L’artista ottiene così una vasta gamma di grigi

A volte l’artista da un leggero color rosa carne all’incarnato, mentre gli sfondi, le figure, le descrizioni e le grecature sono applicate in oro liquido.

Questa tecnica è caratteristica della Limoges rinascimentale ed era spesso combinata con la tecnica dello smalto dipinto.

Grisaille, 1500
Grisaille, 1900
Grisaille, 1700

PLIQUE-Á-JOUR

Detto anche “smalto alla luce del giorno”, o “a cattedrale” questa tecnica di smaltatura in cui lo smalto è applicato in celle, in modo simile al cloisonné.

I fili sono saldati tra loro e la superficie di fondo è assente, in modo tale che la luce possa passare attraverso lo smalto trasparente o traslucido.

Si tratta di fatto di una micro-versione del vetro cattedrale ed è considerato molto impegnativo a livello tecnico. Si può ottenere in due modi. la tecnica più semplice è simile al cloisonné, ma si usa un supporto temporaneo che si dissolve dopo la cottura con degli acidi o grattandolo via.

Gli artisti più abili si basano esclusivamente su applicazioni susseguenti fino a chiudere tutto il vuoto.

Prof. Orlando Sparaventi
Valeri Timofeev (1941-2013)
Cina, 1900

PEINTURE SUR EMAIL – FINIFT – MINIATURA - MINAKARI – VIENNA -VENEZIA

Pittura su smalto e miniatura a smalto sono la stessa cosa, cambia solo la dimensione che nel caso delle miniature di pochi millimetri, è necessario usare il microscopio e un pennello con “un solo pelo”.

Con il termine “pittura su smalto”, si intende l’applicazione degli smalti colorati su un fondo di smalto. Usata già ai tempi di Leonardo da Vinci, che la descrive nel suo Trattato della pittura, la tecnica rinasce nel Seicento e diventa un’importante produzione in Francia, Venezia e, dall’Ottocento, anche in Austria e in Russia.

Una menzione speciale merita l’uso di questa tecnica in Russia: si narra che durante un viaggio diplomatico in Occidente, lo zar Pietro I il Grande fu affascinato da quest’arte e tentò di importarla nel Paese; tuttavia, fu solo nel 1760 che l’arcivescovo ortodosso di Rostov inaugurò il primo laboratorio per la produzione di icone in miniatura a smalto su fondo bianco. La tecnica, che divenne nota come “finift”, passò poi dall’uso religioso a quello profano e divenne importante per la produzione di oggetti di lusso (tabacchiere, portacipria, orologi da tavolo, ecc.).

Il risultato della pittura a smalto o miniatura a smalto ottiene tonalità pastello ed è adatta per scene bucoliche e mitologiche o religiose, soggetti preferiti nell’Ottocento. Fa parte di questa categoria anche la tecnica viennese (foto sotto) che ha avuto il suo apice intorno alla dinastia dell’impero degli Asburgo (1867-1818) e fino alla Prima guerra mondiale e parallelamente alla scuola Fabergé e gli ultimi Zar di Russia.

In Iran, dove la tecnica è conosciuta come “minakari”, lo smalto dipinto su bianco è usato nell’artigianato con risultati pregevoli fin dal XIII secolo.

Una tecnica diversa è la miniatura su smalto, in cui si stendono a pennello strati sottili ma molto coprenti, a volte meno fusibili, direttamente su un fondo di smalto precedentemente cotto sul rame. Utilizzatissima per ottenere ritratti dai grandissimi dettagli e la miniatura su smalto fu inventata a Ginevra e presto esportata in Francia e in Inghilterra.

Finift con ciclo delle festività - Tecnica Minakari – Tecnica veneziana.

RONDE BOSSE

Lo smalto “en ronde bosse” (tutto tondo) è una tecnica per veri artisti, in cui lo smalto viene applicato su superfici curve o tridimensionali in alto rilievo, oppure volumetrici.

Questa difficile tecnica veniva usata nei periodi gotico e rinascimentale soprattutto per la realizzazione di piccole sculture d’oro.

I principali problemi della tecnica “ronde bosse” sono la necessità di preservare il metallo non smaltato dai danni in cottura ma soprattutto la dilatazione dello smalto che deve essere adatta a geometrie concave e convesse.

La Saliera dell’artista italiano Benvenuto Cellini è l’esempio più celebre di “ronde-bosse”.

Saliera di Benvenuto Cellini ca. 1543
Reliquiario di Montalto, particolare. Jean du Vivier, fine XIV secolo, argento fuso
Modest Morató, Barcellona, smalto su bronzo fuso, 1965

GUILLOCHÉ

Il termine francese si applica originariamente a dei fregi di motivi geometrici impressi generalmente sul metallo, tramite mezzi meccanici (guillocher) o manuali.

La smaltatura, “guilloché” si riferisce all’uso di smalti traslucidi “basse-taille” su un motivo geometrico astratto ripetuto, di solito su metallo prezioso come l’argento.

L’invenzione del “tornio meccanico”, appunto il guillocher, che genera un disegno ripetitivo di righe incise, lineari oppure ondulate, ha reso facile questa tecnica. Ma i migliori maestri del passato scavano a mano col bulino il disegno da smaltare e tuttora i migliori incidono a mano.

Al gioielliere russo Carl Fabergé, si deve il successo mondiale del guilloché, riconosciuto come uno degli stili più prestigiosi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.

Phil Barnes – 2000
A Guilloché fine 800 – inizio 1900
Tre opere nel Museo ARTCHIVIO

LO SMALTO CINESE

In Cina hanno avuto successo principalmente due tecniche di smaltatura: il cloisonné della scuola di Pechino e lo smalto dipinto della scuola di Canton.

 

  

Pŭxián in sella ad un elefante, smalto cloisonné su rame, origine cinese per il mercato indiano,

h = 45 cm. Museo ArTchivio.

 

Equivalente cinese del “Bodhisattva”, ovvero una persona che, avendo raggiunto l’illuminazione al termine del ciclo di reincarnazioni, decide di rinunciare temporaneamente al Nirvana per guidare gli altri uomini, applicando loro i propri meriti. L’elefante che cavalca è simbolo
di saggezza

1. Il cloisonné

Pechino, capitale della Cina fin dalla dinastia Yuan, è stata la culla del cloisonné cinese e la più importante area produttiva. Il cloisonné di Pechino è rinomato per il suo design elegante, i motivi sofisticati e i bei colori.

Si racconta che ci fu un incendio nel palazzo imperiale nel primo anno della Dinastia Yuan (1271 circa). Tutti i tesori furono distrutti dal fuoco. Nonostante ciò, un vaso era rimasto intatto e brillante. Gli ufficiali ne furono stupiti e lo dedicarono all’imperatore Kublai Khan. Questi se ne innamorò e non volle più separarsene. La leggenda narra anche che tutti i tesori si erano fusi nell’incendio ed erano diventati il vaso, in tecnica cloisonné. L’imperatore pensava che fosse un prezioso dono degli dèi e chiese agli artigiani della capitale di apprenderne la tecnica e di imitarlo. Pertanto, all’inizio, tutti i cloisonné erano inizialmente proprietà della famiglia reale. Il cloisonné divenne un’arte di corte e una parte importante della cultura imperiale cinese.

Al di là della leggenda, lo smalto alveolato o cloisonné su rame fu importato in Cina nel tardo XIII secolo dai territori arabi. Le testimonianze risalenti a questo periodo riferiscono che degli artigiani erano stati introdotti in Cina come prigionieri quando l’esercito mongolo della dinastia Yuan aveva conquistato l’Asia Occidentale, ora parte dell’Ilkhanato mongolo in Persia. Questi portarono alla nobiltà cinese gli smalti che erano già popolari nel mondo arabo grazie agli scambi commerciali con Bisanzio, caratterizzati però da materiali e tecnologia più grezzi. Questi beni importati dall’estero si fusero con la pregiata tradizione artistica cinese, e divennero così una forma d’arte indipendente.

I più antichi cloisonné cinesi della Dinastia Ming sono stati prodotti sotto il regno dell’Imperatore Xuande (1426-1435), in particolare bottiglie, piatti, ciotole, bracieri, incensieri e treppiedi. La produzione di queste opere si sovrappose all’importazione di opere con la tradizionale tecnica Minakari importata dalla Persia islamica, tanto da guadagnarsi una menzione nel libro Ge gu Yao Lun (Criteri essenziali per le antichità) del 1456. La tecnica del cloisonné cinese continuò a svilupparsi ed innovarsi, raggiungendo

il suo apogeo sotto il regno dell’Imperatore Jingtai (1449-1457). È sempre in questo periodo che il cloisonné cinese ha ricevuto il soprannome Blu di Jingtai, avendo unito la tecnica dell’alveolato cinese con la preferenza per i colori blu del Minakari persiano. Secondo alcuni collezionisti ed esperti di cloisonné antico, il cloisonné del periodo Jingtai è il migliore e il più collezionabile.

Il cloisonné è stato favorito anche dagli imperatori della successiva Dinastia Qing, che aprirono la fabbrica reale di smalti cloisonné. Come simbolo di potere e benessere, gli oggetti cloisonné erano visibili dovunque nel palazzo e nella decorazione di pagode alte come un edificio: simili pezzi da esposizione nel Museo del Palazzo Imperiale di Pechino e nel Tempio Putuo Zongcheng di Chengde. Durante questo periodo, lo smalto raggiunse anche la Corea e, da qui, il Giappone.

 

  

 

Questo braciere per incenso in cloisonné giallo, era riservato alla famiglia imperiale, ha la forma di una pesca cinese ed era considerato come augurio di felicità, prosperità e longevità per gli sposi.
Museo ArTchivio.

 

 

Il cloisonné iniziò il suo declino a partire dal regno dell’Imperatore Daoguang (1821-1861). Bisognerà attendere la fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949 per assistere ad una vera e propria rinascita della tecnica, la cui principale manifattura è la Fabbrica dello Smalto di Pechino a Yongdingmenwai, nel Distretto di Dongcheng, in cui è possibile trovare anche un Museo dedicato a quest’arte.

 

  

Fagiano in smalto cloisonné cinese, L=80 cm

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Museo ArTchivio.

 

2. Lo smalto di Canton

Questa è una variante dello smalto che deriva il suo nome dal suo principale centro di produzione, la città di Canton (oggi chiamata Guangzhou), un fiorente porto nel sud della Cina, il più importante e il primo che è stato aperto agli scambi con l’estero.

Questa tecnica di smalto dipinto o, più precisamente, di pittura su smalto, si evolse a partire dallo “stile di Limoges”, occidentale, introdotto in Cina quando nel 1687 il re francese Luigi XIV inviò una delegazione della corte francese in visita in Cina, portando con sé in regalo delle opere in smalto dipinto di Limoges e in porcellana. La corte imperiale cinese incominciò a sperimentare con la pittura su smalto già l’anno successivo.

 

  

 

Servizio da thè, smalto dipinto di Canton,

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Museo ArTchivio.

 

Nel 1716, lo smalto dipinto di Canton compare già nei registri degli atelier degli artigiani imperiali e, nello stesso anno, sette artigiani di Canton entrano a lavorare in un atelier imperiale a Pechino. Tra il 1716 e il 1728, l’atelier di palazzo produceva la propria materia prima di smalto per la realizzazione dello smalto dipinto (o pittura su smalto). Gli atelier lavoravano per lui in esclusiva per la decorazione, per i templi, per i regali ufficiali e talvolta per uso proprio. Solo l’imperatore poteva fare uso di questi oggetti e pochi altri, solo con il suo permesso speciale, potevano condividere questo privilegio.

 

  

Esempio di smalto dipinto di Canton con figure umane

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Museo ArTchivio.

 

Lo stile e soprattutto l’iconografia di queste opere (fiori, insetti e figure umane in contesti quotidiani) vanno sotto il nome “yangcai”, una parola che significa “stile straniero”. Quanto alla tavolozza utilizzata, si tratta spesso di colori tenui, detti della “famiglia pastello”, mescolati con il bianco, senza escludere altri oggetti prodotti a Canton con una combinazione di blu e bianchi più intensi. Il giallo, colore associato all’imperatore e alla sua famiglia, sono pure spesso presenti.

Il massimo splendore della tecnica ebbe luogo durante i regni di Kangxi, Yongzheng e Qianlong, tra il 1722 e il 1796 ed entrò in declino a partire dal regno di Jiaqing e ancor più durante e dopo le due Guerre dell’Oppio (1840-1842 e 1856-1860 rispettivamente).

SHIPPŌ (Tecniche dello smalto giapponese)

Nome usato in Giappone per indicare genericamente lo smalto, in tutte le sue forme. La parola significa letteralmente “sette tesori” e si riferisce alle sette pietre naturali (metalli e gemme) che secondo la tradizione buddhista sarebbero incastonate nel trono di Buddha.

Il termine fu adottato in Giappone per indicare la caratteristica dello smalto di imitare la lucentezza e i colori dei metalli preziosi e delle gemme. Il Giappone ha sviluppato tecniche di smaltatura proprie, non sempre corrispondenti alle tecniche occidentali.

Questo è l’elenco di tali tecniche:

      • Doro-Shippō (Smalto opaco): Utilizzo di smalti opachi e generalmente scuri (in particolare il verde) per bassa temperatura (500-600°C). Si tratta della prima forma di smaltatura introdotta in Giappone, sostituita nella seconda metà dell’Ottocento con smalti più brillanti e con un’ampia gamma di colori, ma reintrodotta di recente in quanto arte tradizionale nipponica.
      • Hira-Shippō (Champlevé a livello): tecnica champlevé in cui lo smalto applicato nelle cavità, una volta fuso, arriva allo stesso livello delle parti a rilievo, creando una superficie
      • Hirata-Jippō (Smalto della famiglia Hirata): tecnica che consiste nell’innesto di piccoli pezzi smaltati separati su un oggetto di metallo non smaltato.
      • Hōgyoku-Jippō (Cloisonné gioiello): opere realizzate con smalti cloisonné moderni ma con lo scopo di imitare stili, colori e difetti degli smalti d’epoca Ming (1363-1644). Nome inventato da Kaji Satarō.
      • Moriage-Shippō (Cloisonné con protuberanze): sopra allo smalto cloisonné iniziale, si accumulano ulteriori masse di smalto, creando spessori di colore diverso e imitando un effetto a bassorilievo.
      • Musen-Shippō (Cloisonné senza fili): i fili del cloisonné vengono rimossi prima della cottura del pezzo, ottenendo così un’opera interamente rivestita di smalto e senza
      • Shōsen-Shippō (Cloisonné con fili nascosti): i fili del cloisonné vengono coperti da strati successivi di smalti opachi, scomparendo sotto il rivestimento e dando l’impressione che si tratti di un cloisonné senza fili.
      • Shōtai-Jippō (Plique-à-jour totale giapponese) : equivalente giapponese del plique-à- jour – Takaniku (Champlevé a spessore): tecnica champlevé in cui lo smalto deborda dallo spessore dei rilievi della superficie metallica.

  • Tōmei-Jippō (Basse-taille giapponese): equivalente giapponese del basse-taille occidentale.
  • Tōtai-Jippō (Plique-à-jour parziale giapponese): si tagliano finestrelle nella superficie metallica e le si riempiono di smalto trasparente, mentre il telaio rimanente viene rivestito con smalti opachi, lasciando come effetto un effetto a vetrata solo nelle finestrelle e una smaltatura coprente nel telaio.
  • Yūsen-Shippō (Cloisonné standard): controtipo giapponese del classico cloisonné usato in occidente.
  • Yūmusen-Shippō (Cloisonné con e senza fili): opera cloisonné che combina sullo stesso pezzo le tecniche Yūsen-Shippō e Musen-Shippō.
  • Zōgan-Shippō (Champlevé standard): controtipo giapponese dello champlevé occidentale.

 

Favoloso cloisonné giapponese

SMALTO INDUSTRIALE

Nasce nel 1750, inizialmente su pentoloni di ghisa, e poi su oggetti sanitari, più tardi con la produzione di lamiere in lastre si inizia la fabbricazione di targhe e oggetti da cucina. Nel 1900, non c’è casa in cui non si usino molti oggetti smaltati.
La tecnica iniziale era ad immersione in una vasca con lo smalto macinato in acqua. Dopo scolatura ed essiccazione veniva posto nel forno e cotto a 850°C

Prima immersione
Scolamento
Spruzzo manuale o robot
Polvere elettrostatica
Essiccazione a infrarosso
Cottura a 850°

In seguito si è passati all’applicazione con aerografo e negli ultimi decenni del 1900 si è sviluppata l’applicazione a polvere elettrostatica.
Anche la ghisa e l’alluminio sono smaltabili con le leghe adatte e le temperature appropriate. Oggi ci sono reparti denominati Smalterie, con impianti moderni e automatici in grado di poter produrre oggetti smaltati in grande quantità. Il ciclo prevede la preparazione del metallo tramite sgrassatura ed eventuale leggera acidatura, poi l’applicazione ad umido o a secco. Il pezzo umido va essiccato e poi passato al forno. Il ciclo di cottura tra 800 e 850°C. dura 25 minuti tra l’ingresso e l’uscita dal forno continuo.

Estetica, funzionalità, igiene e durabilità dello smalto: caratteristiche uniche.

L’applicazione dello smalto è insostituibile per estetica, funzionalità e il pregio

Accademia Barilla
Interno sala operatoria
Tunnel di Madrid
Dexia B.I.L. Lussemburgo
Galleria di Campione d’Italia
Fracchiolla, Adelfia (BA)
Stazione ferroviaria, Minsk
Metropolitana, Minsk